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NOTE SULLA COMUNICAZIONE IN TEMPI DI PANDEMIA




Sto leggendo una raccolta di articoli e testi di occasione di Umberto Eco (L'era della comunicazione, La nave di Teseo, Torino 2022) e nelle prime pagine (datate 1967!) del libro, nel breve saggio "Per una guerriglia semiologica" Eco individua un grave problema strategico (legato a un grave problema nella comprensione dei mezzi di comunicazione e di come l'informazione arriva ai cervelli della gente).

Sostanzialmente, dice Eco, noi ci concentriamo sempre sull'occupare i posti di chi è (al)la Fonte o il Canale della comunicazione, quando il problema non è quello, bensì è alla fine della catena di trasmissione di un messaggio. In particolare, il Destinatario, con il suo Codice, interpreta qualunque cosa gli arrivi dalla TV, indipendentemente che tu l'abbia filtrata o meno. Ovvero: indipendentemente che tu abbia effettivamente conquistato la poltrona del direttore della RAI, o sia in grado di gestire i mezzi di comunicazione.

Indipendentemente dalla gestione top-down dell'informazione (filtri per stabilire la veridicità di un post su facebook, selezione degli invitati in un programma televisivo, ecc.), il Messaggio che arriva al Destinatario verrà rielaborato (masticato e forse pure digerito dagli ascoltatori più ricettivi) secondo il proprio codice contestualmente e culturalmente segnato dalla propria biografia (individuale o di classe, perché potrebbe riguardare anche un intero gruppo di persone; si pensi alla differenza nella valutazione della Brexit, pur stando entrambe le parti di fronte allo stesso tipo di informazioni arrivate dagli stessi canali televisivi, tra i gruppi mediamente acculturati o altamente acculturati dei centri cittadini, e i "bifolchi" - si fa per ridere - del Galles). Più in generale, indipendentemente dal contenuto del messaggio e da dove arriva, la cosa più rilevante è lo schema interpretativo all'interno del quale si inserisce l'informazione.

Vorrei generalizzare da questa tesi. In un saggio uscito di recente a firma di Filippo Ferrari e Sebastiano Moruzzi (Verità e Post-verità: Dall'indagine alla post-indagine, 1088press, Bologna 2020) si può vedere come spesso chi costruisce narrazioni cospirazioniste o negazioniste, lo faccia utilizzando strategie di indagine (e con essi metodi di verificazione, ecc.) differenti da quelle che ci aspetteremmo essere "corrette". Per esempio un terrapiattista giudicherà il messaggio (che è stato filtrato e accuratamente preparato anche per lui dalla TV o da un sito di informazione ufficiale) come falsato in principio (o falso per principio), poiché arrivato da un Canale di comunicazione ufficiale (quello usato dal Pensiero Dominante, dal Deep State, dal Nuovo Ordine Mondiale, e chi più ne ha più ne metta). Ovvero, giudicherà e validerà un'informazione attraverso degli strumenti epistemici e non (virtuosi o meno) distorti rispetto a quelli di altri. Invece di valutare la veridicità di una notizia passandola al setaccio attraverso una fitta procedura fatta di ricerche su riviste accreditate, con peer review, con una loro storia di rigore e valore, ecc.; la giudicheranno semplicemente a partire dal fatto che arriva da un'emittente che a loro non piace o, meglio, che ritengono criminale.*

Exempli gratia. Il 90% (percentuale simbolica) delle notizie sul covid date dalla TV è pro-vax, addirittura quasi in modo disarmante. Al di là del fatto che quanto sostenuto sopra farà avere un peso importante, agli occhi degli scettici o dei no-vax, a quei pochi no vax presenti negli studi televisivi, visti come eroi; la questione è esemplificativa idi quanto detto finora per un motivo anche più evidente. Sono mesi che le percentuali di vaccinati non aumentano. Ovvero, le notizie e l'informazione con cui veniamo bombardati non persuade. Ora, possono esserci vari motivi per spiegare tutto questo. Una motivazione potrebbe essere (come ha sostenuto qualche tempo fa Crisanti a Otto e Mezzo) che esiste uno zoccolo duro di no-vax inamovibili. Ma io credo che la spiegazione che ho recuperato generalizzando dalla tesi di Eco (e intrecciandola alla tesi di Ferrari&Moruzzi) sia più calzante. Ai ni-vax (quelli che ancora non sono né pro né no-vax) e ai no-vax arrivano messaggi quasi completamente vuoti se paragonati ai contenuti che loro potranno buttarci dentro a partire dalle loro idee, dai loro filtri epistemici, dalla loro ideologia e dai loro bias.

La verità è che la strategia sbagliata di cui parlava Eco (quella di assaltare le poltrone della RAI o prendere potere di chi veicola il messaggio), andrebbe sostituita finalmente (visto che Eco stesso lo auspicava oltre 50 anni fa stando all'articolo che ho citato) con una *guerriglia semiologica* in cui si sta, come intellettuali, come studiosi (ma anche solo come appassionati coscienti, consapevoli, preparati) accanto a chi ascolta la TV, legge i giornali, fa ricerche su Google. Non è una forma di controllo delle ricerche degli utenti, ma una forma di mutuo appoggio tra pari, in modo tale che si possa sempre avere una buona dose di giudizio critico quando nostro zio, il nostro amico, nostra madre, nostro padre, il nostro ragazzo, la nostra ragazza, ecc. si adopereranno per farsi un'opinione stando a quanto hanno sentito e a quanto hanno assorbito dell'ideologia intorno a loro (e dei conseguenti meccanismi epistemici). Significa aiutarsi in un'operazione di critica attiva e dal basso a favore delle persone che spesso di strumenti adatti non ne hanno (siano essi nonne/i, familiari, amici/che, ecc.).

* Il discorso all'interno del libro è diverso da questo o perlomeno è più tecnico, meno militante rispetto a come io lo sto ponendo. Quindi per chi vuole lo consiglio indipendentemente da quanto ho scritto.



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